Alla fine del 1858 Giuseppe Incorpora e la sua famiglia si trasferirono in una casa al civico 4 di via Teatro di Santa Cecilia, dove il fotografo aprì il suo primo rudimentale studio e vi rimasero fino al 1862, anno in cui Giuseppe e Rosina affittarono un appartamento in via Montesanto adiacente alla casa di proprietà delle sorelle Incorpora. In questa nuova sede Giuseppe trasferì casa e bottega e continuò operare fino al 1865.
Nello stesso anno occorse un nuovo trasloco quando Giuseppe trasferì il suo atelier al numero 90 di via Butera in uno dei fabbricati dei principi Trabia nei quali aveva sede anche l’hotel Trinacria, allora il più prestigioso degli alberghi palermitani. L’atelier in via Butera non durò a lungo, intorno al 1866 Giuseppe trasferì lo studio a Porta Maqueda, nel palazzo Tagliavia che sorgeva all’angolo fra corso Cavour e l’attuale piazza Verdi, ancora non realizzata. Nello studio di Porta Maqueda Giuseppe lavorerà fino al 1890, la famiglia invece si trasferì a palazzo Pajno al 39 di via Rosolino Pilo. Nel 1877 Francesco iniziò a collaborare col padre aprendo un nuovo studio in via Bosco n. 10 ed un negozio per la vendita di materiale fotografico in Corso Vittorio Emanuele n. 8.
Un collaboratore dello studio, Emanuele Giannone, che era diventato cognato del fotografo per avere sposato la sorella della moglie, donna Carolina Pagano, lasciò lo studio di via Cavour e cominciò a esercitare per proprio conto in Corso Vittorio Emanuele, angolo via Maqueda, a palazzo Costantino ma rinunciò presto all’impresa che venne rilevata da Francesco. L’ultimo quarto dell’Ottocento fu un periodo di grande espansione per l’impresa familiare. Francesco incentivò i commerci, assumendo rappresentanze di macchine e materiale fotografico e diventando il corrispondente a Palermo delle principali case italiane e internazionali. Nel 1880 arrivò il brevetto il reale concesso da Umberto I che era stato fotografato assieme alla regina dagli Incorpora in occasione della sua visita a Palermo. Insieme al brevetto, arrivarono il cavalierato e un dono del sovrano, una spilla di brillanti in oro e smalto azzurro.
All’apice della carriera, ormai validamente coadiuvato dal figlio Francesco, Giuseppe dedicava sempre maggior tempo nella sua nuova casa di via Rosolino Pilo, dotata di un grande giardino interno, alla sua seconda grande passione, la botanica. Euphorbie e piante grasse tropicali erano le sue specialità mentre nella floricoltura prediligeva le plumerie, le rose e i garofani doppi. Né disdegnava l’orto, producendo in proprio tutto quanto serviva per i suoi famosi banchetti del venerdì, giorno di chiusura dello studio, aperto invece la domenica. Alla fine del secolo, i fratelli Incorpora attuarono la grande ristrutturazione dell’azienda che si proponevano già da alcuni anni. Venne acquistato dallo scultore Valenti un lotto di terreno in via Cavour dove, su progetto dell’ingegnere Bontade, fu costruito un palazzetto dove avrebbero trovato sede lo stabilimento fotografico e l’abitazione di famiglia.
Non appena l’immobile venne concluso, furono chiuse tutte le altre sedi e trasferita l’intera attività in via Cavour 70-72-74. Il palazzetto ospitava al pianterreno i locali per il commercio e l’accoglienza dei clienti; al secondo piano lo studio con la loggia vetrata e i laboratori mentre al primo piano si trasferirono Giuseppe con Rosina, i figli celibi Francesco e Giovanni e Salvatore con la sua famiglia. Il piccolo giardino tra la corte interna e le mura dell’ltria divenne il nuovo orto per le sperimentazioni botaniche del vecchio fotografo. Il 9 maggio 1943, durante il famigerato raid sulla città di Palermo, una grossa bomba sganciata da un Liberator americano esplose nei pressi del civico 72 di via Cavour, coinvolgendo nel cono di scoppio la loggia vetrata che coronava il palazzetto Incorpora, ultima e più stabile sede del ‘Real Fotografia Cav. Giuseppe Incorpora’. Il giorno seguente fra i vetri rotti, i calcinacci e le basole della pavimentazione stradale volate fin lassù, si aggiravano stravolti impolverati Giuseppe Incorpora jr, l’ultimo fotografo della famiglia, e il suo unico figlio Salvatore, troppo giovane allora per capire la gravità del fatto, eppure consapevole che la bomba non aveva distrutto non solamente la sede e gli strumenti di lavoro della famiglia, ma cancellato per sempre i luoghi più struggenti della sua infanzia, il mondo meraviglioso dello ‘Studio’ che tra arte e tecnica, l’aveva incantato fin da bambino.
Racconti di famiglia tramandati di generazione in generazione fino ai giorni nostri, ricostruite sulla base di documenti, diari, appunti, testimonianze…
Tutte le immagini delle seguenti gallerie tematiche fanno parte della Collezione Incorpora…